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Con un certo stupore forse ingenuo

Con un certo stupore forse ingenuo

Mi chiedeva qualcuno:

Ma cosa sta accadendo

nel secondo decennio del secolo ventuno?

Mantra del Sollevarsi (15 ottobre e dintorni)

Il 15 febbraio del 2003 centomilioni di persone sfilarono nelle strade del mondo per chiedere la pace, per chiedere che la guerra contro l’Iraq non devastasse definitivamente la faccia del mondo. Il giorno dopo il presidente Bush disse che nulla gli importava di tutta quella gente (I don’t need a focus group) e la guerra cominciò. Con quali esiti sappiamo.

Dopo quella data il movimento si dissolse, perché era un movimento etico, il movimento delle persone per bene che nel mondo rifiutavano la violenza della globalizzazione capitalistica e la violenza della guerra. Il 15 Ottobre in larga parte del mondo è sceso in piazza un movimento similmente ampio. Coloro che dirigono gli organismi che stanno affamando le popolazioni (come la BCE) sorridono nervosamente e dicono che sono d’accordo con chi è arrabbiato con la crisi purché lo dica educatamente. Hanno paura, perché sanno che questo movimento non smobiliterà, per la semplice ragione che la sollevazione non ha soltanto motivazioni etiche o ideologiche, ma si fonda sulla materialità di una condizione di precarietà, di sfruttamento, di immiserimento crescente. E di rabbia.

Benvenuti nel Reale. Il ritorno alla materialità dopo il postmoderno

1) Farla finita con il postmoderno?

Nel luglio 2011 «Micromega» ha dedicato il suo «Almanacco di filosofia» alla fine del postmoderno, insomma alla rivisitazione di una delle categorie filosofiche che ha tenuto il banco della discussione nell’ultimo trentennio. A seguito di quella pubblicazione, il confronto è proseguito sul sito web della medesima rivista e alcune delle tesi in campo son giunte a marcare presenza nell’edizione 2011 del Festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, dedicato alla Natura. Il dibattito verte sul ritorno al reale dopo la sbornia postmoderna. Ritorno ai fatti dopo l’ormai esausta vague delle interpretazioni, potremmo dire o, parafrasando Nietzsche, riaffermazione del mondo vero al tramonto di ogni sua possibile favola.

La Leggenda del Santo Imprenditore

“Vive! Vive! Vive!”, sembrano ripetere, come una pietosa bugia, quegli hashtag che accompagnano il feretro virtuale di Steve Jobs per le cyber-piazze del pianeta. Chi non e’ pratico di Twitter non puo’ sapere che quegli #iSad e #Thankyousteve non sono altro che “chiavi di ricerca” per inseguire il morto, per accodarsi alla sua infinita veglia funebre, la' dove il corpo del Martire e’ portato di mano in mano, ridotto in milioni di pixel, re-tweettato di polpastrello in polpastrello. Al suo passaggio, tutti vorrebbero allungare un dito per sfiorarlo, tutti hanno qualcosa da gridare: un “grazie”, un “ci mancherai”. E cosi’ la salma digitale del Mahatma– “grande anima” – viene trascinata dalla folla oceanica e solitaria, per l’ultimo saluto, prima che il fuoco della pira lo consumi.

«Trasformano il timore in indignazione». La Comune di Madrid e il movimento globale.

0 - 1676: Scrive Spinoza, nel suo Trattato Politico (IV, 4), che il potere politico pecca - viene meno alla sua ragion d’essere - quando pensa di poter fare quello che vuole di una cosa che considera in suo possesso. Persino la proprietà insomma, fonte ultima dell’unico nómos ancora positivo in terra, esiste all’interno d’un limite, superato il quale essa diviene impedimento, dominio parassitario sul libero dispiegarsi della vita collettiva. «Analogamente - continua il filosofo - se pure diciamo che gli uomini non godono del loro diritto, ma sono soggetti al diritto della società civile ciò non significa che hanno cessato di essere uomini per acquistare un’altra natura, e che quindi la società abbia diritto di far sì che gli uomini [...] riguardino con tutti gli onori cose che provocano il riso o la nausea». Se il potere costituito dà mostra delle sue corruzioni, o viola e disprezza le leggi che s’è dato e sulle quali si regge, se impedisce la vita della collettività o rapina gli uomini e le donne allora «il timore si trasforma in indignazione».

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