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Costringerci al nomadismo: se lo sgombero di Occupy Wall Street può far bene al movimento

Avevo visitato il primo campeggio di Occupy Wall Street il 17 settembre scorso, non appena s'era installato nello Zuccotti Park su ispirazione della rivista Adbusters. Era poco più d’un avamposto beduino nel deserto. Spoglio e quasi indecifrabile, per noi mediterranei barocchi, nel suo rigore puritano: pochi cartelli e qualche sedia, tende immacolate, volti ancora spensierati nonostante gli arresti già numerosi. I più giovani venivano mandati a fare provviste di kebab e pizza dagli ambulanti locali, che alla vista di qualche signorina-manager in talleur facevano l’occhiolino: Let’s occupy some bitches, men! Quelli più propensi alla performance artistica facevano capolino nei negozi, nei McDonald, improvvisando recital, canti e balli a tema. Nel campo c’era bisogno di tutto perché mancava tutto, essendo incerta la sua sopravvivenza.

La competenza dei tecnici: note su finanza, democrazia e indignazione.

Libero mercato e democrazia.

La storia lunga della forma politica europea è arrivata al tramonto. Prendere parte, in questo crepuscolo, è necessario. Ne va delle parole di domani. Tutti i nodi dell’ultimo scorcio di secolo vengono al pettine. A guardare bene è una buona notizia. Dopo saranno tempi nuovi. Certo, il tramonto può far paura, sembra un abisso, un precipitare lento e inesorabile. Come tutti i passaggi radicali, originari. Ma questa è la partita. Radicale, originaria. Coincide e conferma l’idea, la geografia della crisi: prima la Grecia - impedita, fatto enorme, di procedere ad un referendum popolare, che per quanto inadeguato aveva il sapore d’un appello al popolo in ultima istanza, perchè dicesse, prendesse parola sul destino proprio - poi l’Italia, ex-repubblica parlamentare le cui funzioni sovrane a lungo maltrattate, vengono commissariate da tecnocrati già protagonisti della crisi in corso. E la prossima sarà la Francia.

La Sinistra Fiduciosa

Mentre la Spagna si prepara alle elezioni e alla vittoria della destra, la Fundaciòn Idea – il laboratorio ideologico del PSOE) ha riunito in un Hotel di Madrid il 15 novembre i leader della sinistra europea.
 
C’era Alfonso Guerra, François Hollande, Pier Luigi Bersani, Jesus Caldera e l’ungherese Attila Mesterhazi. Quest’ultimo, che viene da un paese nel quale il governo è saldamente nelle mani di una coalizione di destra della quale fa parte (con il 20% dei voti) il partito Jobbit (i migliori) diretto discendente di quello che nella seconda guerra mondiale fu il partito hitleriano, ha preso la parola per dire: “Dieci anni fa incontrarci sarebbe stato una festa perché c’era Tony Blair al governo in Gran Bretagna, e Gerhardt Schroder in Germania. Oggi il pendolo in Europa è girato verso i partiti conservatori. Perché?”
 

La farsa la tragedia l'insolvenza

In piazza del Quirinale la sera del 12 novembre una folla grida a perdifiato: “Galera galera.”
E’ il popolo italiano, che vuoi farci. Feroce con i tiranni che paiono scivolare giù dal piedistallo, dopo averli adorati quando erano trionfanti.
Ma questa volta il branco non è solo feroce, è anche stupido.

Credono che Berlusconi esca di scena, ma la verità è che stiamo assistendo al capolavoro finale di Berlusconi, che lui lo sappia o no, che lui abbia o meno l’energia e l’intelligenza per portare fino alla conclusione la sua avventura anarco-autoritaria. Se il povero vecchio mammasantissima non reggesse all’emozione e al cardiopalma ci sarà qualcuno che prenderà il suo posto, più giovane e più freddo, per condurre in tragedia quella che finora a ieri è stata una farsa costosa e pericolosa. Ricapitoliamo i fatti, per dissipare la nebbia auto-consolatoria scalfariana.

Paradosso del presente e diritto all'insolvenza

Inefficacia delle forme di lotta in assenza di solidarietà

Il movimento di protesta si è diffuso durante l’anno 2011, e ha cercato di opporsi all’attacco finanziario contro la società. Ma le dimostrazioni pacifiche non sono riuscite a cambiare il programma di azione della Banca centrale europea, dato che i parlamenti nazionali sono ostaggi delle regole di Maastricht, degli automatismi finanziari che funzionano come costituzione materiale dell’Unione. La dimostrazione pacifica è efficace nel contesto della democrazia, ma la democrazia è finita dal momento che automatismi tecno finanziari hanno preso il posto della decisione politica. Se occorreva una prova definitiva del carattere illusorio di ogni discorso sull’alternativa democratica, l’esperienza di governo di Barack Obama ce l’ha fornita. Nessun potere democratico può nulla, nessuna alternativa è possibile nella sfera dell’azione democratica, dal momento che le decisioni sono già prese, incorporate nei dispositivi di connessione informatica, finanziaria e psichica.

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