“Vive! Vive! Vive!”, sembrano ripetere, come una pietosa bugia, quegli hashtag che accompagnano il feretro virtuale di Steve Jobs per le cyber-piazze del pianeta. Chi non e’ pratico di Twitter non puo’ sapere che quegli #iSad e #Thankyousteve non sono altro che “chiavi di ricerca” per inseguire il morto, per accodarsi alla sua infinita veglia funebre, la' dove il corpo del Martire e’ portato di mano in mano, ridotto in milioni di pixel, re-tweettato di polpastrello in polpastrello. Al suo passaggio, tutti vorrebbero allungare un dito per sfiorarlo, tutti hanno qualcosa da gridare: un “grazie”, un “ci mancherai”. E cosi’ la salma digitale del Mahatma– “grande anima” – viene trascinata dalla folla oceanica e solitaria, per l’ultimo saluto, prima che il fuoco della pira lo consumi.
mossetti-ita
Il passaggio dell'uragano
NEW YORK - Nel seminterrato di Harlem dove vivo con la mia ragazza e le sue due coinquiline – lei messicana ma cresciuta in Texas, terra generosa di calamità legate al vento e alla pioggia – ci siamo preparati alla visita di Irene facendo un salto al liquor store. Due bottiglie di vino italiano – ho cucinato io, ovvio –, una di whisky e una di tequila purissima.
Così, con una scorta di superalcolici, molti newyorkesi sono sopravvissuti alle lunghissime ore di solitudine forzata che la Natura gli ha imposto. Il momento dell’assalto ai supermercati è, da quanto ho potuto capire, quello più stressante di ogni inondazione. Si sono scatenate le casalinghe ispaniche, che facevano incetta d’acqua minerale – galloni e galloni –, di cibarie, di dvd e soprattutto di torce elettriche – andate letteralmente a ruba. Qualcosa che mi suonava nostalgicamente familiare: ricordo ancora i venti chili di zucchero e olio che mia nonna, a Napoli, portò a casa non appena Andreotti aveva annunciato la partecipazione italiana alla prima Guerra del Golfo.
Da soli non ci si rivolta: report dal meeting UniCommon, 12-13 maggio 2011, Roma.
Gli scudi a forma di libro erano partiti da Roma – lo ricorderete – per fare il giro d’Europa e del mondo, sempre in prima fila nei cortei, con immenso successo. Ed è a Roma che bisogna tornare, per capire dove siamo rimasti. Non è un meeting che riguarda la sola Italia, quello a cui partecipo il 12-13 maggio, alla Sapienza, intitolato La rivolta di una generazione, dove la «generazione» è quella dei ragazzi senza futuro che in tutto il Vecchio Continente, negli Usa e nel Maghreb oggi si stanno risvegliando. Ma forse, in Italia più che altrove, questi ragazzi sembrano essere giunti a un bivio senza ritorno: diventare protagonisti di una sacrosanta rivolta, oppure restare per sempre in balìa di una politica spaesata e incattivita.
Street-Fightin' Press? - Dal "Trojan Journalism" al disprezzo di classe
Qualche settimana fa, nella sezione “culturale” dell’Evening Standard, pubblicarono una foto: erano ritratti otto ragazzi, sui venti anni, seduti su una scalinata di un palazzo medievale. Erano vestiti, da buoni londinesi “intellettuali”, in uno stile fintamente casual-sciatto; erano tutti sorridenti; due di loro maneggiavano un cellulare; una giovinetta aveva un pc sulle ginocchia: «Stiamo parlando di tecnologia», sembrava dire. Chi erano costoro? Erano loro quelli che lo Standard chiamava, con un bel titolone, Clicktivists, attivisti del “click”. Ecco i volti nuovi della protesta di questi mesi: coloro che usano i social network come Facebook o Twitter per organizzare manifestazioni, coordinarsi, promuovere scioperi. [1]
Blacklisted
Il Golpe è avvenuto e non ce ne siamo accorti. Senza sparare un colpo, senza carri armati, senza distintivi, senza comunicati ufficiali. Una Giunta di impostori è salita al potere, ma non ha segni di riconoscimento visibili: né occhiali scuri, né divise, né mostrine. Il Governo dei Giusti, lo abbiamo chiamato.
Questo è post-berlusconismo, questa la Terza Repubblica. Questo il Governo di fascisti e progressisti, insieme. Benedetto dalle banche, dalla Chiesa, dalla borghesia produttiva. Una massa informe unita dalla fiducia – ancora! – nel neo-liberismo, nel tutto-scorra-e-rimanga-uguale, nell’avidità nell’ignoranza delle plebi.
