bifo-ita

Perché gli artisti? MACAO è la risposta

“perché i poeti nel tempo della povertà?” chiede Holderlin nel suo poema “Pane e vino”.

E commentando questo verso, Heidegger dice: “Forse siamo nel momento in cui il mondo va verso la sua mezzanotte”.

 

In nome del vuoto

Il 5 maggio un gruppo di artisti, architetti, insegnanti e studenti e lavoratori precari della scuola e della comunicazione hanno occupato un edificio chiamato Torre Galfa e l’hanno rinominato Macao. L’edificio è un grattacielo di trentacinque piani, abbandonato da quindici anni.

Dieci giorni dopo l’occupazione, mentre il corpo gigantesco del precariato cognitivo milanese cominciava a stiracchiare le sue membra e a sintonizzarsi con la torre, sono entrati in azione gli esecutori del piano di sterminio finanziario. Il proprietario, noto alle cronache giudiziarie come corrotto e corruttore, ha deciso che quel posto è suo e deve rimanere com’è: vuoto. Tutto deve essere vuoto nella città, perché il capitalismo finanziario ha bisogno di distruggere ogni segno di vita. Le risorse materiali e intellettuali vengono progressivamente inghiottite, annullate, perché i predatori possano espandere la loro insensata ricchezza.

Per la prima volta, occupando la Torre, il movimento è uscito dalla sfera dell’underground e si è proiettato verso l’alto. Non è un movimento di talpe, ma di sperimentatori. Le talpe ora debbono venire fuori, debbono occupare ogni spazio, e contenderlo all’organizzazione di morte che si chiama Banca Centrale Europea.

 

Scacco (matto?)

 Il pensiero politico contemporaneo manca del senso del tragico, e si sforza di interpretare la realtà in base a categorie discorsive che non riescono ad agire sugli automatismi tecnici, linguistici, finanziari, e psichici che sempre più spesso conducono al suicidio: il suicidio collettivo della devastazione ambientale, e il suicidio individuale che inghiotte un numero crescente di vite umane. Occorre invece comprendere la tragedia e parlare il suo linguaggio, se si vuole entrare in sintonia con la mutazione profonda che sta attraversando la società. E se si vuole cercare, ammesso che esista, una via d’uscita dall’abisso cui il capitalismo ha destinato la storia dell’umanità.

Beirut

yani

Nuovamente si spegne la luce. Quanto a lungo resteremo al buio questa volta? Mezzo minuto.

Ci sono queste brevi interruzioni dell’elettricità, nessuno ci fa caso. Ma ogni volta potrebbe essere la volta buona, you know what I mean. Yani. L’intercalare più frequente. Un attimo di sospensione. Un attimo prima.

Solo i computer non si spengono ai tavoli del bread republic, e ciascuno continua a digitare imperterrito la faccia illuminata dalla luce eterna del ciberspazio.

Mi sono svegliato presto stamattina alle sei e tre quarti in preda a un’eccitazione pericolosa, folle. Ieri sera al Time out con una siriana un indiano due palestinesi un’italiana tre libanesi una mezza inglese e mezza non so cosa a parlare dei Grundrisse, del general intellect, della poesia dell’esaurimento dell’energia fisica e psichica, e della demografia mondiale. Nessuno fa cenno a quello che sta succedendo in Siria perché tutti lo sanno benissimo. Duecento morti al giorno a un’ora di auto da qui, e la violenza pronta a esplodere in ogni istante all’angolo di strada per ragioni imperscrutabili. Come reagirà Hezbollah al possibile crollo del regime siriano? Come reagirà Israele alla possibile reazione di Hezbollah?

Il bisonte e la locomotiva

 Qualche giorno fa ho letto su un giornale questa dichiarazione di Nichi Vendola:

“IL PD ha dimostrato una grande generosità sostenendo Monti, ma in ogni caso noi non romperemo per questo con Bersani perché la cosa più importante è la prospettiva. Noi non siamo il governo, vogliamo chiudere il berlusconismo con una svolta a sinistra. Monti faccia la sua opera, nel tempo più breve possibile e poi la parola passi alla democrazia.”

Chissà se Nichi Vendola può rendersi conto della bestialità che gli è uscita di bocca. Qui provo ad aiutarlo nella riflessione.

I buoni sono buoni

Il discorso sulla democrazia è concluso. Capitalismo finanziario e democrazia sono incompatibili. La democrazia è stata cancellata e qualsiasi scelta politica che si fondi sulla presupposizione dell’esistenza della democrazia va considerata da questo momento in avanti come collaborazione con la dittatura finanziaria. Viviamo ed agiamo nella sfera di una dittatura feroce, seppure impersonale, anzi tanto più feroce in quanto impersonale. L’azione deve quindi assumere il carattere dell’esodo, dell’abbandono dello spazio dominato dalla dittatura, e dell’appropriazione. Per questo l’occupazione è la forma generale dell’azione. Occupare significa al tempo stesso: compiere un gesto simbolico di denuncia, mettere in moto un processo di riattivazione della solidarietà e riappropriarsi di qualcosa che è necessario per la sopravvivenza.
 
Ma l’appropriazione deve diventare il paradigma della prossima fase di espansione del movimento, manifestazione specifica dell’insolvenza. Insolvenza significa costruzione delle strutture della sopravvivenza (ristoranti popolari, case collettive, strutture di autoformazione) che ci permetteranno di sottrarci al debito materiale della miseria e al debito simbolico della solitudine, insomma ci permetteranno di cominciare a vivere.
 
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