Italy

Suicidio e Lotta

Congedarsi dalla lotta: il suicidio nell’antropologia politica.
 
Si parla molto di suicidio, di questi tempi. Sembra che il corpo del suicida sia tra i pochi elementi, nella narrazione della crisi attuale, capaci di scalfire la criminale impeccabilità del potere. Il corpo del suicida e’ esibito, sfruttato, sballottato, impiegato come metafora, come arma emotiva e fisica. Di fronte alla sofferenza di milioni le leggi non si piegano, ma di fronte al gesto suicidario si fermano i carri armati.
 
Si è popolato di gesti suicidi l’immaginario degli ultimi vent’anni, a partire da quei corpi che precipitavano dalle Torri Gemelle in fiamme, e subito dopo la sequenza infinita di attacchi kamikaze in Iraq e Afghanistan – attacchi, va detto, che hanno causato più morti tra le file dell’esercito USA che le azioni di combattimento vere e proprie. È stata poi l’autocombustione di Mohamed Bouazizi  a scatenare la rivolta in Tunisia l’anno scorso,  e non certo il passaparola su Twitter o Facebook – come invece hanno tentato di farci credere i giornalisti occidentali. E sono gli atti suicidari delle vittime della crisi finanziaria a conquistare, forse più delle proteste di massa, le pagine dei quotidiani d’Occidente.
 

Il Foglio di Via dello Scrittore NO TAV

Sabato 18 agosto avrebbe dovuto essere la seconda giornata delle nostre vacanze per me e Giustina, la mia compagna.
Assieme ad altre persone, ci si è organizzati per fare una passeggiata in Clarea: un pò per immergersi in quei magnifici boschi, un pò per osservare a distanza di sicurezza gli animali chiusi dentro lo zoo chiamato cantiere.
Molti partono a piedi dal campeggio, mentre tre auto partono per prendere il sentiero che prende avvio da Giaglione.
Lungo la strada, passando per Susa, l'ultima vettura della nostra micro-carovana viene fermata per un controllo: forse la più visibile tra le tre, se non altro per i suoi componenti. Tutti giovani e abbigliati in maniera comoda, mentre nelle due auto davanti c'erano bambini e chi non è più troppo giovane anagraficamente.
Decidiamo comunque di fermarci, a portare solidarietà ed accertarsi che non avvenga nulla di anomalo. La regola è sempre quella: si parte e si torna assieme.
Sembra che stia andando tutto regolare: non c'è nulla da segnalare nei loro confronti, e come di prassi chiedono i documenti anche a noi che ci siamo avvicinati.
"Due minuti e finisce tutto". Parole del maresciallo dei Carabinieri che ci aveva fermato.
Ma purtroppo il mio documento fa perdere troppi minuti.

Il Presidente della Repubblica delle Idee

In un'intervista con Adam Mitchnik pubblicata qualche giorno fa dal quotidiano la Repubblica il presidente Napolitano ammette di essere stato dalla parte dei carri armati sovietici che invasero  Budapest  uccidendo gli operai insorti nel 1956. Potremmo aggiungere che il presidente Napolitano, in quanto dirigente del Partito comunista italiano negli anni dello stalinismo, ha pensato che fosse giusto sterminare i kulaki, internare i dissidenti politici, eliminare gli anarchici e i trotzkisti e così via assassinando.
 
Ma era giovane. Poi è venuta la primavera di Praga e Giorgio Napolitano ha capito che non era giusto sterminare sistematicamente chi non è d’accordo e affamare milioni di uomini e donne. E’ diventato democratico.  Ciò non gli ha impedito di stare dalla parte della maggioranza del comitato centrale del PCI quando il partito espulse i dissidenti del Manifesto proprio per le posizioni che questi avevano preso sulla primavera di Praga. E non gli ha impedito di applaudire al Ministro degli Interni Francesco Cossiga quando questo dava ordine di sparare ai dissidenti nelle strade italiane, quando faceva assassinare Francesco Lorusso e Giorgiana Masi, e faceva chiudere con la forza le radio libere.
E adesso?

Perché gli artisti? MACAO è la risposta

“perché i poeti nel tempo della povertà?” chiede Holderlin nel suo poema “Pane e vino”.

E commentando questo verso, Heidegger dice: “Forse siamo nel momento in cui il mondo va verso la sua mezzanotte”.

 

In nome del vuoto

Il 5 maggio un gruppo di artisti, architetti, insegnanti e studenti e lavoratori precari della scuola e della comunicazione hanno occupato un edificio chiamato Torre Galfa e l’hanno rinominato Macao. L’edificio è un grattacielo di trentacinque piani, abbandonato da quindici anni.

Dieci giorni dopo l’occupazione, mentre il corpo gigantesco del precariato cognitivo milanese cominciava a stiracchiare le sue membra e a sintonizzarsi con la torre, sono entrati in azione gli esecutori del piano di sterminio finanziario. Il proprietario, noto alle cronache giudiziarie come corrotto e corruttore, ha deciso che quel posto è suo e deve rimanere com’è: vuoto. Tutto deve essere vuoto nella città, perché il capitalismo finanziario ha bisogno di distruggere ogni segno di vita. Le risorse materiali e intellettuali vengono progressivamente inghiottite, annullate, perché i predatori possano espandere la loro insensata ricchezza.

Per la prima volta, occupando la Torre, il movimento è uscito dalla sfera dell’underground e si è proiettato verso l’alto. Non è un movimento di talpe, ma di sperimentatori. Le talpe ora debbono venire fuori, debbono occupare ogni spazio, e contenderlo all’organizzazione di morte che si chiama Banca Centrale Europea.

 

A Riot of My Own - trailer

Devo essermi perso, in un sonno senza sogni.
Li ho semplicemente chiusi. Gli occhi. Senza accorgermene. Accompagnando il battito del mio cuore al ritmo, intermittente, di quello del treno. Un dondolio meccanico, che appena si è arrestato mi ha riportato alla realtà. Ma siamo già qui?
Il treno è già a Chambery?

Ultima stazione. Prima di oltrepassare le Alpi e arrivare in Italia.
Finalmente potrò rivedere questo splendido paesaggio, dall’altra parte delle montagne. Per quanto tempo mi è stata preclusa la vista del versante Italiano?

Condannato una prima volta a sette anni e mezzo, con l’aggravante del “terrorismo”. Hanno così potuto utilizzare il moltiplicatore di pena del “2,5”: se ti becchi 3 anni te li moltiplicano per 2,5 cosicché alla fine prendi 7 anni e mezzo. Dopo altri nove anni dalla sentenza mi affibbiano un’altra condanna per gli stessi tipi di reato, con con l’applicazione di nove mesi in “reato continuato” … Dopo appena ventitré anni posso finalmente andare in estinzione di pena.
Ventitré.

Syndicate content