Italy

El Gobierno de Nadie (una pesadilla)

 “Consideramos un gobierno tecnocrático de unidad nacional la mejor opción para llevar a cabo las reformas y mantener la confianza de los inversores, con una composición que abarque izquierda y derecha del espectro político y cuente con líderes de confianza (…) Luchando como están las democracias modernas maduras con la crisis de la deuda soberana, los gobiernos tecnocráticos, ‘apolíticos’, pueden ser una opción imperiosa, conforme decae la confianza pública en los políticos, se afianza la resistencia a las reformas estructurales y los partidos sienten pavor por las consecuencias en las urnas de aplicar reformas dolorosas” (Tina Fordham, Citigroup)
 
A diario suceden mil cosas, pero ¿cómo descifrar cuáles son señales de las transformaciones que vienen? ¿Cuáles son huellas o ecos del pasado, y cuáles anuncian tendencias sociales decisivas? ¿Cómo saber cuándo hemos traspasado un umbral histórico? Me lo he preguntado estos días pensando sobre los “gobiernos técnicos” que se han impuesto en Grecia e Italia. Los veo como signos de muy mal agüero, fórmulas en experimentación que podrían luego reproducirse, rápido. Prototipos.
 

La farsa la tragedia l'insolvenza

In piazza del Quirinale la sera del 12 novembre una folla grida a perdifiato: “Galera galera.”
E’ il popolo italiano, che vuoi farci. Feroce con i tiranni che paiono scivolare giù dal piedistallo, dopo averli adorati quando erano trionfanti.
Ma questa volta il branco non è solo feroce, è anche stupido.

Credono che Berlusconi esca di scena, ma la verità è che stiamo assistendo al capolavoro finale di Berlusconi, che lui lo sappia o no, che lui abbia o meno l’energia e l’intelligenza per portare fino alla conclusione la sua avventura anarco-autoritaria. Se il povero vecchio mammasantissima non reggesse all’emozione e al cardiopalma ci sarà qualcuno che prenderà il suo posto, più giovane e più freddo, per condurre in tragedia quella che finora a ieri è stata una farsa costosa e pericolosa. Ricapitoliamo i fatti, per dissipare la nebbia auto-consolatoria scalfariana.

The last days of the Berlusconi empire

  On Tuesday evening, at the end of another day of petty parliamentary bargaining, the Italian Prime Minister Silvio Berlusconi announced that he will resign once the Italian budget is approved by the Parliament. This step has allegedly been made to comply with the requests “of the European Commission” (this should probably read the BCE, the IMF, and the financial markets).

After almost twenty years, it seems that the political trajectory of Berlusconi is about to come to an end. In truth, his political career ended at least one year ago, when his parliamentary majority was saved by “persuading” a handful of MPs from the benches of the opposition to change sides.

…And if they didn’t pay, they bloody ought to! Lessons from the Battle of Rome

A disturbing trend has taken place in the aftermath of October 15th in Rome, shaped by mainstream media and multiplied by the social networks. For the first time in Italian history almost an entire country participated in the repression of violent dissent, in the segregation of spaces of alterity, using the same tools that were supposed to denounce the weakness of the turbo-capitalist system. Millions of young adults played the game of the Good Cop, at the expense of three or more decades of civil conquests. Class traitors, fucking police everywhere you turned, even and especially online, worse than in real life. What a depressing bore.

Mantra del Sollevarsi (15 ottobre e dintorni)

Il 15 febbraio del 2003 centomilioni di persone sfilarono nelle strade del mondo per chiedere la pace, per chiedere che la guerra contro l’Iraq non devastasse definitivamente la faccia del mondo. Il giorno dopo il presidente Bush disse che nulla gli importava di tutta quella gente (I don’t need a focus group) e la guerra cominciò. Con quali esiti sappiamo.

Dopo quella data il movimento si dissolse, perché era un movimento etico, il movimento delle persone per bene che nel mondo rifiutavano la violenza della globalizzazione capitalistica e la violenza della guerra. Il 15 Ottobre in larga parte del mondo è sceso in piazza un movimento similmente ampio. Coloro che dirigono gli organismi che stanno affamando le popolazioni (come la BCE) sorridono nervosamente e dicono che sono d’accordo con chi è arrabbiato con la crisi purché lo dica educatamente. Hanno paura, perché sanno che questo movimento non smobiliterà, per la semplice ragione che la sollevazione non ha soltanto motivazioni etiche o ideologiche, ma si fonda sulla materialità di una condizione di precarietà, di sfruttamento, di immiserimento crescente. E di rabbia.

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