History is made of tweets

Andavamo dal macellaio a Fueihat, nella zona Est di Bengasi. Non mi piaceva entrare dal macellaio, c’era un odore pesante, le carcasse appese a grossi uncini di acciaio, il sangue gocciolava sulle piastrelle chiare dei pavimenti, le teste di pecora scuoiate ci guardavano con gli occhi sbarrati. Preferivo stare in macchina, a Milano i macellai non erano così, a Milano la morte era celata. Invece alla macelleria di Saad andavo volentieri, Saad aveva incollato delle vecchie foto in un angolo della vetrinetta, lo scotch era ingiallito, pensai che le foto dovevano avere un gran freddo nel reparto frigo, che qui paesaggi della Bengasi antica, pieni di palme verdeggianti e giovani in maglietta non dovevano passarsela bene a 6 gradi, da 30 anni…

Abu Saad mi vede incuriosita e mentre pesa la carne per mio padre su di una grossa bilancia (che proviene più o meno dalla stessa epoca delle foto), abbassa la luce delle lampadine che penzolano scoperte dal soffitto.

Si affretta a chiudere la porta a vetri della macelleria e sta lì, immobile qualche istante Saad (tanto e’ tardi, fuori e’ buio e forse non viene più nessuno). Torna dietro al bancone sotto il ritratto del grande capo, gli occhiali da sole scuri e la jellabiah che lo avvolge come in tutti i negozi, circondato dalla solita cornice opulenta, ma e’ solo un ritratto e non ha occhi per vedere. Apre un cassettino sotto la cassa. Tira fuori una mazzetto di foto che sembra esser stato sfogliato un infinità di volte, gli angoli sono piegati, le immagini sono secche e crepate in più punti. Alcune sono cartoline, il centro storico di Tripoli, la promenade sul mare Bengasino, altre sono foto del giovane Saad con i famigliari, ci sono anche foto del Re. Potrebbe essere un qualsiasi paese europeo alla fine degli anni 60. Papà e Saad sorridono mentre si ricordano che c’era un negozio a Bujazia di fronte al portico delle suore che vendeva le magliette Arrow e jeans della Levis. La nonna mi raccontava che c’erano anche le lavatrici! come se un mattino del ’69 fossero state fatte sparire dagli alieni, e che le macchine erano nuove e luccicanti, ma c’erano anche i giardini curati di Derna e della Cirenaica antica che sprigionavano un intenso profumo di gelsomini e rose dalla carta ingiallita.

Tornando a casa ci fermano al solito posto di blocco composto da un paio di guardiole in metallo e grossi blocchi di cemento che restringono la strada. I poliziotti chiedono a mio padre che ci fa con la nostra scassatissima Range Rover del ‘73, bisogna avere i permessi speciali per quelle macchine, non lo sa? Con quella macchina potrebbe anche scappare Lei, col fuoristrada. Allora si mostrano i documenti e si sorride un po’, e’ la prassi, la cantilena della dittatura, mentre lo sguardo del poliziotto cade più volte su quella bambina sprofondata nel sedile del passeggero, con la cintura un po’ larga, che non sembra araba, che ha gli occhi azzurri e che l’arabo lo capisce poco. Ci lasciano andare, tanto ci conoscono e di posti di blocco ne dobbiamo superare altri 3 prima di arrivare a casa.

Sto disegnando una tigre, le matite sono sparse sul pavimento e sto cercando di copiare una tigre che salta, l’ho trovata sul National Geographic. Continuo a cancellare le zampe, mi vengono tozze e storte, e invece le voglio forti e ampie. Questo e’ il disegno più importante di tutta la mia vita, me lo ripeto come un mantra, dev’essere perfetto. Allora cancello di nuovo e intanto comincio a sudare, oggi fuori c’e’ il Ghibli, il vento caldo del Sahara, e dalle finestre si vedono gli alberi tesi nella lotta contro il vento, sembra la nebbia di mattina a Milano e invece e’ rossa (mamma si lamenta che la sabbia e finissima e va a finire ovunque, su tutti i divani, sotto i tavoli, dietro i letti). La tigre salta quasi fuori dalla pagina, la muscolatura robusta, gli artigli affilati, e’ una tigre che corre, non sta cercando cibo, corre e basta.

L’ho disegnata per lo zio Husni. Non so come immaginarlo, mi passano per la testa tanti fotogrammi dei film americani che vediamo col satellite su Italia uno, forse l’appenderà’ al muro della cella, forse la guardera’ tutti i giorni piegata in quattro dentro un libro, forse la mette sotto il letto. La cella e’ piccola e buia e lui non ha un avvocato. L’hanno preso di notte ed e’ 2 mesi che sta lì, e nessuno gli dice cosa succede, nemmeno gli dicono perché e’ lì e quanto tempo ci deve rimanere. Zio Husni in cella ci e’ andato 7 volte per tanti anni.

 

****

 

From:    Adel Husni Bey (xxx @ beysons.com)
Sent:    19 February 2011 12:44:02
To:     adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)

mobilita amici su twitter facebook, web, a Benghazi la repressione dei  dimostranti e' vergognosa gente innocente che si batte per i propri diritti e' bersagliata con le armi ed uccisa come topi
Gheddafi e' un folle paranoico.
Noi stiamo bene

 

From:    adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)
Sent:    19 February 2011 14:40:13
To:     adel husni bey (xxx @ beysons.com)

PAPA' MA STATE BENE??? STO CERCANDO DI CHIAMARE MAMMA E TE DA TANTO....MI CHIAMATE PER FAVORE...SONO PREOCCUPATA... UN BACIO, STATE AL SICURO.

 

From:    Mirellaclemencigh (xxx @ ymail.com)
Sent:    20 February 2011 11:08:36
To:     adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)

Non possiamo telefonare all’estero devi chiamarci tu.
Comunque stiamo bene.
Il casino e’ in centro.
A casa tutto tranquillo.
Ps.Dovete mobilitarvi per i giovani Libici che si battono a Benghazi e in tutta la Cirenaica contro le milizie di Gheddafi.

 

From:    Mirellaclemencigh (xxx @ ymail.com)
Sent:    20 February 2011 17:08:36
To:     adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)

Cara Adelita nostra. Amore grande così. Siamo in casa anche oggi, un po' di cani passeggiano, Yanco non vuol mai uscire fuori, Pricia ci morde le caviglie e parla molto e sul terrazzo la vecchia Bubina. E' lì perché si e' stufata di fare bambini e i cani scemi le corrono dietro come fosse una ragazza. Cominciano a uscire informazioni sugli scontri in città . Guardiamo tutto con avidità tristezza e speranza. Tu come stai? Che memorabili momenti quelli che viviamo, il rovesciamento del tiranno e i suoi discendenti che hanno massacrato questo paese da 40 anni, pretendendo di continuare ad usurparlo per diritto ereditario.
Stiamo scrivendo al Fatto Quotidiano e a radio popolare per risvegliare la coscienza dalla opinione pubblica italiana stronata dai Bunga Bunga e le cazzate di un governo venduto.

Viva la libya libera dal tiranno Viva Omar El Mouktar.
Tutta la Cirenaica da Tobruk Ad Ajedabya e' in mano agli insorti.
Cara adelita, sono passate un po' di ore dalla scrittura qui sopra, a due mani, con papà....e'molto buio fuori, fa uno strano freddo e il vento viene e va. Oggi papà e' scappato per un' ora perché ha voluto esserci, presente alla manifestazione che da qui non si vede.

 

From:    adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)
Sent:    20 February 2011 18:01:41
To:     mirellaclemencigh (xxx @ ymail.com)

Cara mamma,
...ieri ho dormito poco di nuovo....certo che sono preoccupata, vedessi le scene che trasmette Aljazeera....e quel pazzo di papà e' andato in centro??? ma per cortesia gli dici di stare a casa....? e' molto dura stare qui e sapervi un po' isolati lì, non proprio da soli ma quasi. Chiaramente questo cambiamento ci voleva...lo aspettavamo tutti, e la gente che sa di potersi prendere delle pallottole in petto non lo fa certo con leggerezza. Forse i Bengasini sono i più coraggiosi...sanno che il grande capo non si fa scrupoli, sanno che vanno incontro a un massacro, sanno che sarà più dura che in Egitto ma vanno comunque in piazza...detto questo voi per favore statevene a casa...che non si sa mai e non siete proprio due gazzelle, immagino che debba essere eccitante, che abbiate voglia di partecipare, ma bisogna conoscere bene la città e avere le gambe per correre...mi raccomando cominciate a pensare a un piano B..e fatevi sentire spesso. i telefoni sono caput.

aspetto vostre notizie presto, siate forti,

adi

p.s.io sto bene anche se sono stanca e fa un umido che ti penetra le ossa...aspetto solo di sentirvi.

 

From:    adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)
Sent:    20 February 2011 22:55:35
To:     adel husni bey (xxx @ beysons.com); xxx @ ymail.com

come state? ...non riesco a chiamarvi..che farete?

 

From:    Adel Husni Bey (xxx @ beysons.com)
Sent:    21 February 2011 05:51:09
To:     adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)
Cc:     mirellaclemencigh (xxx @ ymail.com)

Ciao Ubi
Benghazi e tutta la Cirenaica sono libere.
Ora tocca a Tripoli.
Questione di qualche giorno e ce lo togliamo dalle palle dopo 42 anni di disastri lui e la sua famiglia.
Purtroppo molti morti civili inermi.
Noi siamo felici, attendiamo sviluppi, piano B solo per mamma e le due ragazze.
Io non mi muovo, ho aspettato 42 anni...la gente e' solidale cordiale tutti si aiutano, nessuna guerra civile, balle dei media stranieri occidentali che sostengono Gheddafi che lo vogliono ancora al potere, stronzi nessuno che ha preso una netta posizione contro le barbarie sotto i loro occhi.
Viva la Libya Libera.
Baci papo.


From:    Adel Husni Bey (xxx @ beysons.com)
Sent:    21 February 2011 06:01:39
To:     adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)

Ciao Ubi anche noi partecipiamo attivamente.
Con il dish privato del mio server riesco a comunicare con l'estero, raccogliamo informazioni da amici e parenti e trasmettiamo.
I telefoni per l'estero non funzionano.
Chiama via skype, facciamo ore 12.00 di Parigi ?.
Baci da mamma molti.
Baci da me di più.
Papo.
stiamo benissimo
Leggi sotto, articolo che abbiamo scritto per Il Fatto:

Buonasera,
al momento mi trovo in una zona a 20 km da Benghazi. Essendo lontani dal centro abitato, le notizie ci arrivano attraverso il telefono da persone che sono nel centro di Benghazi e che ci segnalano scontri fortissimi presso la caserma di Al-Birka, quartier generale di Gheddafi a Benghazi, tra milizie pro-regime ed insorti, composti in gran parte dalla giovane popolazione benghazina.
In Cirenaica, parte dell'esercito si e' unita ai manifestanti ad Al Beida, Derna e Tobruk, mentre non ci sono notizie sicure sulla presa di posizione dell'esercito locale nella città di Benghazi.
La situazione risulta critica anche all'aeroporto, dove la popolazione cerca di impedire gli arrivi di mercenari provenienti dai paesi dell'Africa Nera, al soldo di Gheddafi.
Sembra notizia certa che il cognato di Gheddafi, Abdallah Senussi, appositamente inviato per sedare la rivolta sia stato ucciso, mentre il figlio del Colonnello, Al Saadi, che era intrappolato all'hotel Tibesti, sia riuscito a fuggire.
Non c'e' accesso ad Internet, anche le linee telefoniche verso l'estero sono interrotte da un paio di giorni, si può solo ricevere.
C'e' molto risentimento nella popolazione per i massacri in atto ed il numero dei morti aumenta di ora in ora (le ultime notizie parlano di un centinaio di morti dal primo pomeriggio).
Il governo turco ha nel frattempo inviato degli aerei per far evacuare i propri connazionali.
E' un insulto venire a conoscenza che il nostro presidente del consiglio abbia come unica preoccupazione quella di non voler disturbare Gheddafi.

 

From:    adelita husni bey (xxx @ hotmail.com)
Sent:    21 February 2011 10:23:36
To:     adel husni bey (xxx @ beysons.com); xxx @ ymail.com

Ciao papà, ciao mamma e girls,
bravi, mi sento serena se state bene e siete tranquilli, seguo la situazione da vicino (mando messaggi su facebook e twitter) e ho ascoltato il discorso di Saif ieri all'una di notte su aljazeera. no comment.

Comunque sto scrivendo anche io un articolo, sto scrivendo in modo anche narrativo perché mi pare che ci siano già molti commenti politici e io invece vorrei far arrivare una memoria vissuta di cosa voleva dire vivere sotto regime..perche' arrivano poche immagini che possono raccontare la realtà pre-rivolta. Allora mi sono ricordata di un bell'episodio quando sono andata con papà dal macellaio vicino a casa di Ali a Benghazi e ci ha fatto vedere delle foto della Libia prima di gheddafi che teneva gelosamente in un cassetto....papà te lo ricordi? ti ricordi quel macellaio dal quale andiamo spesso?

Va bene sentiamoci presto, mi ha appena chiamato la zia Giglio dicendomi che vi ha sentito stamattina (che mi ha tenuto 10 minuti al tel parlandomi di buddismo come al solito) e che volevate tornare...e papà? se tornate, tornate tutti....non fate gli eroi....

provo a chiamarvi tra un po' magari riesco. un abbraccio,

 

****


Oggi sono ormai 3 giorni che guardo le immagini pixelate riprese dai cellulari incollata alla scrivania che da sulla Senna. The revolution will be televised. Morsi, frammenti anonimi, riprese fatte arrampicandosi sui pali con la mano che trema, accovacciati sui tetti, mentre fischiano le pallottole. Vedo scorrere davanti a me le immagini di piazze di cui riconosco l’odore, le ‘sacre’ gigantografie di Gheddafi che ci fissavano dall’alto ridicolizzate, bruciate, usurpate. Vedo scorrere davanti a me le immagini dell’obitorio, nessuno ha più di 25 anni, tutti piccoli fori tondi color porpora; mi chiedo se si riesca a capire profondamente cosa sta accadendo. Scorrono davanti a me i ‘tweets’, i cinguettii della storia che si svolge in diretta, una storia scritta a più mani, la storia-collage che si sedimenta con una velocità inaudita. Il rincorrersi di opinioni, di paure, di smentite tutte in bilico. La rivoluzione e’ un insieme di cortometraggi, un montaggio amatoriale composto di piccole parti di girato appartenenti a una corsa degli eventi che conosciamo attraverso al suo  live streaming.Ma la storia, per quanto possa essere cambiata, per quanto nel suo vero punto di svolta possa essere simile ad un puzzle composto di frammenti infinitesimali, è in realtà un video tape, o forse un vecchio film in sedici millimetri abbandonato in una soffitta. La soffitta è la narrativa sociale di cui il popolo libico è stato testimone in 42 anni di regime, e che negli ultimi giorni sembra essere stata riaperta, il tesoro di questa complessa memoria, esige di essere ri-editato, quantomeno il suo finale dev’essere riscritto.

Mio padre e’ salito sul tetto della nostra casa all’alba e ha preso una boccata d’aria a pieni polmoni, ha detto che era la prima boccata d’aria dopo 42 anni.

Mamma mi racconta un ‘fotogramma’ che non e’ stato trasmesso, un frammento della rivoluzione che non verrà forse mai visto in rete ne su qualsiasi altro schermo. Un gesto iconoclasta del tutto particolare del quale è stata testimone. Un giovane si arrampica su di un edificio di 8 piani per strappare in due un manifesto, da una parte Gheddafi, dall’altra Omar Muktar, leader storico che negli anni venti, ormai settantenne, guida il movimento anti-colonialista fino alla sua impiccagione da parte degli Italiani. Gheddafi si appropria del volto di Muktar durante il colpo di stato, Muktar viene aerografato a colori sgargianti che non gli appartengono vicino al volto del dittatore, Gheddafi accomuna i movimenti rivoluzionari, accoppia le meta-narrative storiche per legittimare il suo stesso potere. Cade la metà del drappo raffigurante Gheddafi,  il giovane si cala pericolosamente sull’enorme volto di Muktar e incomincia a baciarlo. La Libia si libera da una dittatura senza precedenti; si e’ passati dal silenzio, dall’omertà’ assoluta e dalle prigionie psico-fisiche di 2 generazioni al totale rifiuto per l’immagine del dittatore, che aveva l’illusione di aver radicato il suo potere politico a fondo nell’immaginario dei giovani Libici, e chi avrebbe potuto contraddire questa realtà?Ieri si proiettava il discorso di Saif, secondogenito del colonnello, a tutta-parete sui muri di Bengasi, il viso di Saif: inedito bersaglio di una pioggia di scarpe.

Le rivoluzioni a catena in Nord Africa sono un enorme e metaforico viaggio della speranza. Decine di giovani stipati in pescherecci fatiscenti, negli occhi solo la necessità di arrivare, solo il desiderio di toccare la terra con i propri piedi. Poco male se poi si ritrovano a pescare spigole sul porto di Lampedusa con un pezzo di lenza, un po’ per la fame e un po’ per la noia, poco male se poi la verità di questa tanta agognata democrazia si perderà nei fondi delle betoniere che scandiscono le loro giornate di lavoro come operai nei cantieri dell’expo. E chi lo spigherà a Ali, a Mohammed, ad Amir che hanno lottato per parole delle quali prima dovevano riappropriarsi, che qualcuno e’ morto urlando per una liberta’ che ha bisogno di una nuova definizione; e che eravamo stati proprio noi a svuotarle e a renderle caduche vesti dei nostri imperatori?