L’Italia vista da Londra sta cambiando colore. Niente più spiagge dorate, piatti di pasta fumanti e donne generosamente svestite. Gli occhi delle nuove generazioni inglesi vedono il fumo delle camionette bruciate alzarsi sulla penisola e di colpo sembrano accorgersi di quanto fosse rimasto finora nascosto dalla luce accecante del sole del mediterraneo.
Sono soprattutto gli studenti, in marcia per le strade di Londra o asserragliati in dozzine di universita’ occupate, che oggi rivolgono lo sguardo verso l’Italia in cerca di un’ispirazione che non sia più quella stantia dei classici.Durante le assemblee nei giorni di lotta, la parola ‘Italians’ cresce sulle labbra di tutti come un mantra. Italian students, Italian comrades, Italian riots. Con un capovolgimento vertiginoso, ‘Italian style’ sembra essere diventata la descrizione di un metodo di lotta, e non piu’ di un modo di vestirsi o di preparare la cena.
All’inizio erano stati i Book Bloc, quei ragazzi italiani che affrontano la polizia con scudi di gomma a forma di copertine di libri. Gli studenti d’arte inglesi erano andati in visibilio. All’alba dell’ultima grande manifestaizone che ha invaso il centro di Londra, decine di ragazzi e ragazze con l’accento cockney, gallese o scozzese si sono riuniti nelle warehouses del nord est della città, per costruire i loro scudi a forma di libro. Does it look like yours? Chiedevano con una certa emozione ai pochi emigranti italiani presenti nel capannone. Strano, per anni eravamo stati proprio noi, gli emigranti della disgraziata penisola, a riovolgerci ai nostri colleghi inglesi con l’apprensione di non riuscire a stare al passo con la loro civiltà.
Adesso i video delle manifestazioni in Italia passano di schermo in schermo nelle università occupate, google translate sopperisce alla meglio alla differenza linguistica traducendo i comunicati delle facoltà romane, milanesi, palermitane. E alcuni addirittura iniziano a guardare indietro. Come avete fatto a imparare a organizzare cortei così compatti, azioni così coraggiose? Come possiamo fare qui in Inghilterra? A volte, domande come queste giungono dai visi più inaspettati, come quello delicatissimo della presidentessa della Students Union del Courtauld Institute, una delle università d’arte più prestigiose del paese. Sarà proprio il Courtauld Insutitute, tra qualche settimana, a ospitare il primo seminario pratico/toerico dedicato alle Tute Bianche.
Ma forse tutto questo non dovrebbe stupirci. L’Italia è stata più di una volta, nell’ultimo secolo, una fonte di ispirazione fondamentale per il progresso sociale di altri paesi. Era così anche settant’anni fa, quando ragazzi in armi scesero dale montagne del nord Italia e scrissero una tra le Costituzioni piu’ utopiche e progressiste dell’Europa occidentale. Ancora oggi, è facile riconoscera la somiglianza tra quei giovani rivoluzionari e i loro eredi. Resta da chiedersi come sia stato possible che questi si trovino, ancora una volta, a dare battaglia per le strade, mentre le stanze in cui i loro predecessori scrissero la Storia sono occupate dai bivacchi dei mercanti.
Strani ricorsi storici. Ancora una volta, proprio come ai tempi di quei ragazzi, le nuove generazioni del continente si trovano unite a lottare in una guerra che investe l’Europa intera. Le uniformi sono cambiate, la musica e gli slogan non sono più gli stessi, ma la devastazione del sogno della Democrazia Occidentale, di uno Stato che non sia solo elite e polizia, leva alto nel cielo la stessa nube nera che si sprigionava dall’incendio del palazzo del Reichstag in un inverno di settantasette anni fa, gelido quasi come questo.
Federico Campagna
15 Dicembre 2010, London