Merry Crisis and a Happy New Fear

Di questi tempi, in Inghilterra, sembra di vivere premuti sotto le palpebre chiuse di un’intera nazione. Il colpo inferto dal governo conservatore è stato tremendo, e l’isola sta assorbendo il trauma in silenzio, perduta nei sogni di politeness e di gloria di una Grande Bretagna che fu. A due passi dalla veglia frenetica della Francia, l’Inghilterra continua a dormire, camminando sonnambula sotto l’effetto di un mantra da seconda guerra mondiale, che ancora ordina ‘Keep Calm and Carry On’.

Questa volta però, diversamente dai tempi della guerra mondiale, il silenzio e la violenza dello shock non hanno reso l’Inghilterra una nazione coesa. Il suo popolo si è disintegrato, e allo stesso tempo si è ricostituito come un unico corpo sofferente, ammalato nello spirito, incapace di articolare le proprie emozioni. Di fronte a un caso del genere, gli strumenti della cronaca e quelli della politica tradizionali smettono di funzionare. Invece che con lo sguardo tagliente dell’osservatore politico, è forse soltanto con l’occhio attento dello psicoterapista che è possibile riuscire a osservare in profondità cosa sta davvero succedendo, oggi, in Inghilterra.

Il sonno strabiliante in cui è sprofondata quest’isola non è tanto il prodotto di anni di narcosi mass-mediatica e capitalistica, quanto piuttosto una difesa psicologia contro la paura terrificante di svegliarsi a una realtà per cui non si è ancora preparati. Con i tagli imposti dal recente governo conservatore, infatti, la nazione con uno dei welfare più invidiati d’Europa potrebbe ritrovarsi nell’arco di pochi mesi a diventare come la maggior parte dei paesi della tanto disprezzata Euro Zona, se non peggio. E, forse ciò che più conta, insieme al suo welfare l’Inghilterra perderebbe una componente fondamentale della sua differenza o, come alcuni direbbero, della sua identità.

Per poter posare uno sguardo sull’Inghilterra attuale, può tornare utile ricordare la lettura fatta da Zizek di un aneddoto riportato da Freud: un uomo si assopisce mentre sta vegliando la salma del suo giovane figlio, nel sonno sogna di vedere suo figlio che gli tira la giacca e che gli dice con tono di rimprovero ‘Papà, non vedi che sto bruciando?’, l’uomo si sveglia di soprassalto e si accorge che una delle candele poste attorno al feretro è caduta e sta bruciando il corpo del ragazzino. Secondo l’interpretazione di Zizek, l’uomo si era addormento per sfuggire alla crudezza della realtà in cui suo figlio giaceva morto, ma si è risvegliato di soprassalto quando le immagini dei suoi sogni lo hanno portano in contatto con un Reale ancora più spaventoso, in cui il ragazzino lo accusava di essere responsabile della sua morte. Forse, nel caso dell’Inghilterra devastata dai tagli, si tratta proprio di un sonno del genere.

Per capire quali emozioni profonde e rimosse si nascondano nell’animo dell’isola, possiamo cercare di raccogliere alcune delle immagini che, come in sogno, si ripropongono ossessivamente nelle strade e nelle case della sua capitale. A cercare tra loro, potrebbe capitarci di trovare anche quella, più reale della realtà, più terrificante della paura, che forse un giorno sarà in grado di risvegliare questo popolo in catalessi. Oppure, come suggerisce la lettura finale di Zizek, che lo farà svegliare alla realtà soltanto per potergli consentire di continuare a sfuggire alla violenza insostenibile del Reale che si cela nei sogni.

Si noti che tutte le persone e i fatti citati di seguito si riferiscono a situazioni reali.

 

1 - Sergey

Dal quinto piano del council flat in cui vive, si possono vedere le colline del nord di Londra, le file di casette a due piani, le strade alberate. Sergey esce sul balcone, accende una sigaretta e lascia che il fumo bianco gli si salga sul maglione e poi sul collo, a coprire il pallore del suo volto. Si appoggia con una mano alla ringhiera, ma le dita gli tremano e deve appoggiare l’altra mano per assicurarsi l’equilibrio. Non è il suo punto forte, stare in piedi. Di piedi, in effetti, ne ha uno solo. L’altro ce l’aveva, ma la caldaia della nave su cui era imbarcato come marinaio era esplosa e ora ha una protesi di plastica.

A prima vista, però, non si direbbe. I tempi in cui lavorava sui pescherecci della marina sovietica sono passati da un pezzo e Sergey adesso ha l’aspetto impeccabile e vagamente triste che hanno gli investigatori privati nei romanzi di inizio secolo. Ma non è solo per i suoi problemi d’equilibrio o per il freddo di quel pomeriggio di fine ottobre che gli tremano le mani. Gli tremavano anche prima di uscire sul balcone, quando stava seduto in poltrona e leggeva la prima pagina del Daily Mail. ‘Il 70% dei disabili - c’era scritto a caratteri cubitali - è perfettamente in grado di lavorare!’ Gli era bastato leggere le prime righe per chiudere il giornale e affondare le dita nel pacchetto di sigarette. Le cose stanno cambiando in fretta - pensa Sergey - e per farle cambiare bastano le parole. Era stato con le parole, pochi giorni prima, che il Ministro delle Finanze George Osborne aveva deciso di cambiargli la vita. I benefit concessi ai disabili vanno ridotti - aveva detto - anzi, vanno ‘rivisti’. Un paio di giorni più tardi, era stato sempre con le parole che l’assistente sociale che era andato a fargli visita gli aveva comunicato che nell’arco di un paio di mesi non avrebbe più ricevuto un soldo dallo Stato.

Lei non è un disabile - lo aveva informato l’assistente sociale. Forse lei mi sta dicendo che non lo sono più - aveva puntualizzato Sergey. Guardi, le tabelle sono cambiate, - aveva risposto l’assistente sociale, impassibile - il numero di centimetri di carne mancante che le servono per essere certificato come disabile sono stati rivisti, e lei non rientra più nella categoria. L’amputazione del piede le lascia un numero di centimetri di gamba sufficiente a renderla perfettamente abile - aveva concluso. Sergey non aveva risposto. Aveva acceso una sigaretta e aveva lasciato che il fumo si spargesse sulla faccia dell’assistente sociale. Aveva aspettato che quest’ultimo tossisse un paio di volte, poi lo aveva congedato.

Sul balcone adesso sale il vento che spoglia le cime degli alberi, e Sergey tira l’ultima boccata e rientra in casa. La stanza da pranzo è anche la camera da letto in cui vive con sua moglie. I mobili sono spolverati di fresco e le fodere dei divani sono quasi senza pieghe. Quando entra in quella stanza, Sergey si lascia sempre scappare un sospiro. Quella sensazione di pace, di cura amorevole, riesce sempre a fargli dimenticare che il tempo dedicato da sua moglie alla casa è l’altra faccia del fatto che lei non ha un lavoro. Il suo inglese non è abbastanza buono, e a più di quarant’anni è difficile trovare un lavoro dignitoso. Sergey, invece, un lavoro ce l’ha, ma solo per un numero di ore ridotto, visto che non riesce a stare in piedi troppo a lungo. Fino ad ora, con le integrazioni date ai disabili, questo non è mai stato un problema. Sergey è riuscito a gustare il sollievo della sua stanza ogni volta che ci entrava e Marina, sua moglie, ha potuto trovare nelle sue cure domestiche uno spazio libero da angosce economiche. Finché, trasmesse dalla televisione, non sono arrivate le parole di Osborne. Poche, taglienti più delle lame che gli avevano tolto un piede.

Il sospiro di Sergey, questa volta, si ferma a metà. Le sue dita tornano a frugare nel pacchetto di sigarette. Non fa poi così freddo fuori, pensa.

 

2 - Evandro

Evandro ha sedici anni, una tuta da ginnastica addosso e una grossa valigia nera accanto a sé. Suo padre è rimasto indietro, a Whitechapel, a riposare davanti all’ingresso di una casa vuota, e lui può passare il resto del pomeriggio a bighellonare lungo la riva sud del Tamigi. Evandro tiene gli occhi fissi sul cartellone lucido che ha di fronte e guarda attentamente le parole e i numeri che ci sono scritti sopra. L’inglese lo sa parlare poco, e a leggerlo le cose non vanno meglio.

Il cartellone è enorme, grande quasi quanto la stanza che divideva con suo padre fino a qualche giorno prima. Ma a questo Evandro non pensa, concentrato com’è a decifrare le scritte. Non sa che quello che si sta sforzando di leggere non lo riguarda per niente. Il cartellone copre una parte del viale di betulle che porta alla Tate Modern, e parla più di quello che gli sta dietro che non a quelli che si trovano a passargli davanti. La Tate si espande, ecco cosa dicono quei dieci metri quadrati di carta e metallo. Grazie al contributo generoso dei suoi sponsor, e in particolare di BP (British Petroleum), UBS e Uniliver, la Tate può annunciare con orgoglio la prossima costruzione di un nuovo, enorme edificio interamente dedicato all’arte contemporanea.

L’ingresso sarà gratuito, precisa il cartellone. Il pernottamento non sarà consentito, ma questo non c’è scritto. E dire che forse sarebbe stata l’unica cosa che avrebbe potuto interessare questo ragazzino portoghese con la faccia da zingaro e le scarpe pulite. Evandro finisce di leggere, si guarda attorno e vede che il pomeriggio comincia già a scurirsi. Questa è la prima volta che Evandro si trova a dormire per strada. All’inizio, confortato dallo spirito spavaldo di suo padre, quella situazione aveva avuto quasi il fascino di un’avventura. Solo loro due, insieme, in un paese lontano, a sfidare ogni cosa. Un giorno avrebbero fatto i soldi, sarebbero tornati in Portogallo, e su quelle giornate fredde e umide ci avrebbero scherzato sopra, magari davanti a un bicchiere di vino, da veri uomini. Ma da quando suo padre ha iniziato a tossire e a fermarsi sempre più spesso a riposare, quell’avventura ha improvvisamente perso ogni fascino. Fa già freddo, e tra qualche giorno ne farà ancora di più. Devono trovare una nuova casa prima che arrivi l’inverno. Quella in cui vivevano prima era durata solo qualche mese, fino a quando il padrone non aveva deciso di alzargli l’affitto. Evandro e suo padre avevano preparato le valigie, non avevano pagato le ultime bollette e se ne erano andati una mattina presto.

Evandro adesso non lo sa, e forse non gli importa nemmeno, ma in questo momento centinaia di altre case gli si stanno svuotando tutto intorno e presto le strade saranno piene di gente come lui. Da quando Osborne ha deciso di ridurre il supporto economico dato alle famiglie più povere per pagare l’affitto, la situazione di 85.000 famiglie londinesi è precipitata rapidamente. I municipi dei vari quartieri hanno addirittura già prenotato in blocco tutte le stanze disponibili nei bed & breakfast fuori città, per ospitare almeno temporaneamente le duecentomila persone che si prevede saranno costrette a abbandonare la capitale, non potendo più permettersi di pagare gli affitti di una delle città più care d’Europa. Qualcuno l’ha chiamata ‘pulizia di classe’, richiamandosi alla pulizia etnica in luoghi come il Kosovo. Qualcuno ha detto che non sarà una tragedia. Fatto sta che le aree centrali si svuoteranno di poveri e la geografia di classe di Londra si farà molto più nettamente definita.

La lower middle class inglese sta affondando nella miseria, ma questo a Evandro non interessa, come non interessa nemmeno alla Tate Modern. Picasso e Warhol non si curano degli occhi che li guardano, e Evandro non sa nemmeno cosa sia la lower middle class. Ci sono soggetti per cui la ‘crisi’ non comincerà mai, e persone per cui la crisi è uno stato permanente.

 

3 - Alicia

Alicia sta tornando a casa dopo quasi venti ore. Ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata al finestrino del bus, ma non è stanca. È sfatta. Questa mattina è uscita presto per andare in centro, dove si doveva incontrare con i suoi amici per partecipare alla manifestazione degli studenti. Tra una sigaretta e l’altra, nella mattina gelida di fine ottobre, avevano aspettato che più di quattromila persone si concentrassero nella piazza prima di mettersi in marcia lungo il percorso delimitato dalla polizia. L’ultima volta che Alicia ha visto così tanti ragazzi radunarsi nelle strade di Londra per qualcosa che non fosse un rave, era stato durante le manifestazione contro la guerra in Iraq, sette anni prima. Anche quel giorno faceva freddo, forse ancora di più di questa mattina. Si era detto che fossero stati quasi un milione, ma in fin dei conti poco era importato. La guerra era andata avanti comunque, e nessuno aveva fatto troppo caso a quel fiume di gente per strada.

Nella manifestazione di oggi, sia le ambizioni che i numeri sono molto più piccoli. Si protesta contro i tagli ai prestiti agevolati concessi agli studenti e contro l’aumento delle rette di quasi tutte le università in seguito alla riduzione dei fondi statali per l’istruzione. Gli studenti sono in strada a chiedere di ‘non distruggere il loro futuro’, e, insieme al loro, quello della nazione. La prima cosa a balzare agli occhi di Alicia è come la moda sia cambiata rispetto a sette anni prima. I pantaloni si sono fatti parecchio più stretti sulle gambe, i capelli adesso vanno rasati su un lato della testa, le giacche sono di pelle nera, le camicie di flanella a grossi scacchi. Ci sono anche molte più biciclette di prima, e quasi tutti fumano sigarette rollate a mano. E un’altra cosa. Stavolta il tono della protesta non è affatto speranzoso. C’è giusto un po’ di rabbia, qualche vecchio slogan, e parecchia voglia di finire presto per andare all’after-party organizzato nella student union della London School of Economics. E così, alla fine della fiera, anche questo raduno si è rivelato essere per un rave.

La student union non è molto grande, ma ci sono parecchi modi per allargare gli spazi attorno a sé. Alicia ne ha uno che preferisce in particolare: la ketamina. Quando si ha un po’ di polvere con sé non è difficile farsi nuovi amici, e poi perderli nell’arco di pochi minuti. Seduta su un divano nell’angolo della stanza con la musica, Alicia divide di mala voglia la sua con un ragazzo che ha conosciuto poco prima durante la marcia. Quantomeno, pensa, non finisco di nuovo a precipitare k-hole. Un’ora più tardi, quando gli effetti sono finiti, il suo nuovo amico comincia a strisciare via dal divano e la festa lentamente riprende corpo attorno a lei. Il resto della serata se ne va via così. Un altro nuovo amico, questa volta con della polvere, un altro divano, poi un altro amico, un altro angolo della stanza. Esce dalla student union che, se fosse estate, comincerebbe già a fare giorno. Dopo tutta quella ketamina, Alicia cammina come un’enorme lumaca. È difficile controllare il proprio copro da miglia di distanza, pensa. E poi resta attaccata a quel pensiero per un tempo incalcolabile, mentre si arrampica sul bus e prende posto accanto a una signora nera. La signora la guarda solo un attimo e poi fissa di nuovo lo sguardo di fronte a sé. Sposta la borsetta, cercando di stringersi sul proprio sedile per evitare il contatto con la pelle sporca della giacca di Alicia.

A guardarle da fuori, soltanto loro due, sarebbe difficile dire che ora sia. La signora è perfettamente sveglia, in piedi ormai da più di tre ore. Da quando ha dovuto trasferirsi fuori Londra, la sveglia nei giorni di lavoro si è avvicinata sempre di più all’ora del tramonto. A quelli che lavorano negli uffici, si sa, piace trovare il pavimento dei corridoi pulito quando arrivano presto la mattina. E lei non ci trova niente da ridire. Questi ragazzi fanno schifo - pensa la signora stringendosi ancora di più sulla sedia. Fanno bene a togliergli i prestiti agevolati - continua - guarda come usano i loro soldi, guarda... A noi nessuno ci ha mai fatto un prestito. Ma noi non ci lamentiamo mica. E quando i miei figli saranno grandi, bravi come sono, questi degenerati lavoreranno ai loro ordini. La signora sorride un attimo, mentre l’autobus si ferma per far salire altri forzati delle pulizie notturne. Ci sarà da ridere allora - conclude tra sé - vedremo se questa gente avrà ancora il coraggio di protestare, e di dire che sono loro il futuro dell’Inghilterra.

 

4 - Lord Sugar

Lord Sugar ha una faccia da pub. Non fosse stato per la brillante idea di commercializzare congegni elettronici nei primi anni sessanta, sarebbe finito di sicuro a passarci le sue serate, in un pub. Oggi invece ha un’onorificenza reale e una fortuna stimata sui 730 milioni di sterline. Il suo nome da favola e il suo brutto muso campeggiano su una delle pagine spiegazzate dell’Evening Standard lasciato aperto sul tavolo del negozio di kebab. Saluto i due ragazzi dietro il bancone, ordino un piatto di felafel, mi siedo e prendo il giornale. Lord Sugar si indigna, protesta e recrimina. Secondo il piano di benefit universali concessi a tutti over-sessanta, il governo britannico ha cominciato a spedirgli contributi di duecento sterline all’anno per pagare le spese di riscaldamento. Il multi milionario di origini povere vuole rispedire i soldi al mittente, ma il governo non ne vuole sapere di prenderseli indietro. Disperato e impotente, Lord Sugar ha contattato i giornali e ha raccontato la sua drammatica storia. L’Evening Standard, organo di stampa della destra moderata, ha colto l’occasione al volo per dare fiato alle trombe. Quale storia migliore di questa per spiegare l’assurdità del sistema dei benefit? Un milionario riceve sovvenzioni dallo Stato per pagare il riscaldamento! Che follia!

Chiudo il giornale e sento che mi viene voglia di fumare una sigaretta. Lo sapevo che prima o poi anche questo paese sarebbe stato contagiato dal morbo dell’idiozia populista. Ho vissuto più di vent’anni in Italia, prima di trasferirmi su quest’isola, e so bene cosa bisogna fare non appena ci si accorge della comparsa del morbo. Mi concentro, e mi ripeto l’ovvio. Il primo sintomo del contagio, del resto, è proprio di dimenticarsi l’ovvio. Dunque, all’origine del sistema di welfare inglese c’era l’idea che ogni suddito di sua Maestà, a prescindere dal suo reddito, sesso, etnia o religione, avesse diritto a ricevere dallo Stato quello che gli spettava in quanto cittadino britannico. Per quanto incredibile possa sembrare a orecchie non nord-europee, e in particolare a quelle italiane, il welfare britannico era di tipo universale: chiunque, sotto qualunque circostanza, aveva diritto a essere assistito in maniera eguale dallo Stato. Durante gli anni Ottanta, sotto il regno di Margaret Thatcher, la quantità e qualità di questo supporto si era andata riducendo drammaticamente, con casi eclatanti quali l’abolizione dei contributi a fondo perduto che fino ad allora erano concessi a tutti gli studenti universitari. Ma è soltanto con questi ultimi tagli e con la campagna di stampa dei giornali di destra che il principio stesso di universalità del welfare viene messo in discussione.

Bene, ho fatto la prevenzione di base, il piatto di felafel è arrivato e posso mettermi a mangiare. Sul tavolo di fronte al mio, un uomo con i vestiti da lavoro pesante sporchi di vernice apre una copia del Sun, tabloid destrorso noto per la sua terza pagina dedicata alle tette. La prima pagina titola a caratteri cubitali che Wayne Rooney, la stella del Manchester United, ha rinnovato il contratto con il suo club per un salario di 150.000 sterline a settimana. Vergogna, dice il tabloid, mentre la tua nazione è in crisi, tu calciatore hai il coraggio di fare tutti questi soldi? Mando giù un boccone e mi viene di nuovo voglia di fumare. Il morbo si sta spargendo più rapidamente del previsto. Mi concentro di nuovo. Ho appena iniziato a ripetermi che il problema di fondo non è lo stipendio dei calciatori, ma l’assurda concentrazione di ricchezza nelle mani dei club calcistici e dei loro sponsor, quando gli occhi mi cadono sulle ultime righe di un’articolo del Sunday Times lasciato aperto sul mio tavolo. Qualcuno di sinistra, protestando contro i tagli dei benefit per l’affitto concessi ai poveri e ai disoccupati, spiega accoratamente all’intervistatore che i beneficiari in grado di concedersi delle belle case con i soldi dello Stato sono solo in pochi. Gli altri, ci tiene a precisare, vivono nelle topaie. I lavoratori che faticano a pagare l’affitto dei loro tuguri non hanno ragione di esserne gelosi, conclude.

Lascio l’ultima rondella di kebab nel piatto, vado a pagare, esco dal negozio e fumo due sigarette di fila. Qui finisce che passo la giornata ripetermi l’ovvio. Finisce che mi sento di essere tornato in Italia. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di riaffermare che il vero problema non è che chi prende i benefit possa vivere in un alloggio decente, quanto il fatto che chi lavora non sia in grado di permetterselo? Do un’occhiata dentro il negozio, dove l’uomo che legge il Sun sembra essere finalmente arrivato alla pagina delle tette. L’uomo sorride, tiene lo sguardo fisso sul giornale per qualche secondo, poi gira la pagina. Un attimo dopo, decide di tornare a quella precedente. Tra la merda e la pornografia, la scelta è facile.

 

5 - Quello che non c’è

Altre migliaia e migliaia di immagini potrebbero aggiungersi a questa breve lista di racconti. Ma più scendiamo in profondità nel sonno di questa nazione, più ci accorgiamo che la nostra ricerca del Reale, di quella potenza terrificante che sola è in grado di svegliare un popolo intero, deve superare l’archivio limitato delle immagini dell’esistente. Il giorno dopo l’annuncio del taglio di 500.000 posti di lavoro nel settore pubblico, la presenza più forte nella strada davanti a Downing Street non è stata certo quella di qualche centinaio di manifestanti rumorosi, ma l’assenza di quelle migliaia di nuovi disoccupati. Entriamo allora nel sonno più buio dell’Inghilterra, scendiamo al di là dei fatti, e cerchiamo di vedere quello che non c’è. Le immagini, a questa profondità, sono più nitide di qualunque articolo di cronaca.

Le pareti di vetro delle sedi delle banche riflettono la corsa di migliaia di studenti armati di bastoni, che si lanciano lungo le scale fino alle stanze in cui sono custoditi i dati dei loro debiti. La strada di fronte a Westminster si spalanca nel sorriso che attraversa il volto di migliaia di disabili, prima di dare fuoco tutti insieme alle copie del Daily Mail. I walkie talkie trasmettono il fiato corto dei poliziotti che si rifiutano di portare avanti l’ennesimo raid nelle topaie in cui si nascondono gli immigrati senza documenti. Nella penombra dei pub della working class più dura si passa parola di coprire chi riceve i benefit, di non lasciare entrare gli assistenti sociali nelle fortezze di cemento dei tower blocks. Gruppi di stagisti e di studenti si incontrano nelle aule occupate delle università per creare fondi di mutuo soccorso economico. Gli homeless invadono la residenza privata di George Osborne brandendo le copie del suo famoso discorso in cui dice che ‘We are all in this together’. Gli over-sessanta mandano a Lord Sugar un sacchetto pieno di monetine accompagnato dal biglietto ‘Riprenditi le tue elemosina’. I tifosi del Manchester United sfondano le barriere di ingresso allo stadio e si godono gratis le prodezze delle loro star. I disoccupati smettono di umiliarsi nelle code dei job centre e fondano cooperative. Io smetto di fumare, mi dimentico dell’Italia, mi dimentico dell’Inghilterra, e decido di non scrivere più.

Come mi ha insegnato Sergey, le parole dei potenti sono capaci di distruggere la vita della gente. Per ricostruirla, invece, servono il corpo e le mani.

 

Federico Campagna - 1 Novembre 2010, London

 

ADDENDUM

L’articolo precedente è stato scritto nei primi giorni del Novembre 2010. L’atmosfera, a Londra, era cupa come il tempo che stereotipicamente rende il giorno e la notte novembrina dello stesso colore. C’erano voci di una nuova manifestazione studentesca, organizzata per il 10 Novembre, ma le aspettative di tutti erano piuttosto basse. Nelle vene di quest’isola, si pensava, il sangue ha smesso di scorrere decenni or sono, ormai sostituito completamente dai flussi finanziari e informativi. E così sono andato alla manifestazione con l’animo leggero, e forse già preventivamente deluso.

La scena che mi sono trovato davanti è stata impressionante. Più di cinquantamila studenti hanno attraversato le strade del centro di Londra senza fermarsi un attimo fino a quando non hanno raggiunto la sede centrale del partito conservatore, nella Millbank Tower. Davanti a una presenza esigua della polizia, le prime file di ragazzi hanno preso i bastoni che reggevano i loro cartelli e si sono scaraventati contro le pareti di vetro del palazzo di potere. La polizia, nota da sempre per il suo coraggio di fronte a gruppi di persone inermi, non ha nemmeno tentato di fermarli. Più di duemila ragazzi hanno invaso la sede del partito conservatore, distruggendo ogni cosa fosse alla loro portata, accendendo fuochi nel cortile centrale del palazzo, appendendo striscioni sul tetto.

Walter Benjamin scrisse un giorno a proposito della violenza divina, irrefrenabile e sublime. Mi sono sentito un idiota a pensarci in quel momento, davanti all’intelligenza istintiva di quella folla, ma non ho potuto farne a meno. Del resto, il finale dell’articolo che avevo appena scritto si stava, almeno in parte, materializzando di fronte ai miei occhi.

Devo confessare che prima di quel giorno avevo provato solo pochissime volte la sensazione irragionevole e certa di stare vincendo. Ma di fronte alla gioia terrificante di quei sedicenni afro-inglesi senza niente da perdere, ai cori violentissimi delle ragazze coi volti truccati e le mani armate, alla paura sui volti della polizia, ai balli selvaggi sulle macerie degli uffici di governo, c’era davvero poco spazio per i dubbi. I dubbi verranno domani, quando questa moltitudine insorgente dovrà confrontarsi con la sfida di trasformarsi in movimento, o con il rischio di disintegrarsi in un evento da telegiornale.

Oggi non è ancora il momento di farsi raggiungere dai calcoli e dalle preoccupazioni. Le vittorie sono rare, come l’amore, e i saggi sanno che in alcuni momenti l’unica cosa sacra è la follia.

14 Novembre 2010, London