Economia e ecofisica

‘Sappi che il mondo intero è uno specchio,
in ogni atomo vi sono cento soli fiammeggianti.
Se tu spezzi il cuore di una singola goccia d’acqua,
ne emergono cento puri oceani.
Se esamini ogni granello di polvere
vi si possono scoprire mille Adami…
In un granello di miglio si cela un universo;


tutto è raccolto nel punto del presente…
Da ogni punto di questo cerchio,
vengono tratte migliaia di forme.
Ogni punto, nella sua rotazione in cerchio
È ora un cerchio, ora una circonferenza che gira.’

Mahmud Shabestari, Golshan-e Raz

 

Economia, la Teologia degli ultimi secoli.

Come tante altre parole e concetti correntemente in uso, anche il termine ‘Economia’ è di derivazione greca.

Originariamente, il termine nasce come crasi delle parole oikos (casa) e nomos (legge, ordine): Oikonomia, ‘l’ordine della casa’.

 

Stiamo dunque affermando che l’Economia nasce forse quale semplice amministrazione domestica, come l’attuale pratica economica potrebbe indurci a credere?

Tutt’altro, ma per comprenderlo è necessario fare un altro passo indietro e analizzare singolarmente le parole che danno origine al termine Economia.

 

OIKOS

 

Innanzitutto, oikos, la casa.

Come nota Coomaraswamy, nel suo Christian and Oriental Philosophy of Art, la costruzione delle case, specie nelle epoche antiche, è sempre stata oggetto di un’attenta valutazione, che trascendeva la banalità delle regole architettoniche e estetiche oggi in voga.

Poiché, per l’uomo, il ‘mondo’ coincide di volta in volta con lo spazio di cui egli ha diretta esperienza, la casa, in quanto spazio in cui trascorre una notevole parte del proprio tempo, diventa uno dei suoi principali ‘mondi temporanei’.

Di conseguenza, nel pensiero di molte civiltà, la casa doveva configurarsi in se stessa come un cosmo, o, per meglio dire, come una rappresentazione in miniatura del cosmo originario, di cui manteneva inalterate le strutture essenziali.

Questa è la ragione per cui, sempre secondo Coomaraswamy, numerose civiltà

in diverse parti del mondo si dedicarono, ad esempio, alla costruzione di abitazioni a pianta circolare, alla cui sommità del tetto – spesso una cupola – era presente un’apertura ugualmente circolare (tali sono, tra gli altri, le capanne dei nativi delle terre al confine tra USA e Messico, tale è la struttura della parte centrale del megaron miceneo, tale è, ancora, la ‘casa-cosmo’ per eccellenza, il Pantheon di Roma, e così via..).

La pianta circolare e la cupola, come è facile intuire, corrispondono alla forma dell’universo1, mentre l’apertura circolare alla sommità della cupola si configura come il necessario collegamento tra il cosmo originario, di cui la casa è rappresentazione, e lo spazio abitativo.2

Titus Burckhardt, nel suo Alchemy, fornisce una spiegazione di questa corrispondenza parlando della natura dell’uomo, ‘who is both part of the cosmos which is the object of his knowledge and who also […] appears as a small cosmos within the lager one, of which he is the counterpart, like a reflected image.’

 

Ai conoscitori della filosofia ermetica, questo ragionamento suonerà particolarmente familiare, in quanto è chiaramente mutuato dal primo paragrafo della Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto – tra i primi, fondamentali testi di alchimia – in cui si legge: ‘Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.’3

 

NOMOS

 

È proprio questa specularità tra mondo superiore e mondo inferiore che ci porta al secondo termine che costituisce la parola Economia: nomos, ovvero ordine, legge.

Il termine nomos fu centrale per lungo tempo all’interno del dibattito filosofico greco. Se da un lato, infatti, ci furono schiere di sofisti che lessero nel nomos niente di più di una convenzione – fondamentalmente opposta, nella loro visione, alla physis, la ‘natura’ delle cose – dall’altro vi furono pensatori come Platone e Aristotele che riuscirono a coniugare questa apparente contraddizione.

Secondo Platone, infatti, seppure il nomos è, tra gli uomini, una convenzione (in quanto tutto, tra gli uomini, è linguaggio, ovvero convenzione), è pur vero che è possibile sviluppare un nomos il più possibile attinente alla realtà superiore delle idee da cui ogni cosa originariamente scaturisce.

Un nomos, dunque, che si configura in maniera molto simile ai simboli o alle mitologie, ovvero a ciò che si pone come riflesso, immancabilmente incompleto ma nonostante ciò indomitamente teso, della realtà che esiste al di là delle nostre superficiali impressioni del mondo.

 

È in questo modo che bisogna intendere il nomos che costituisce parte della parola economia: un ‘nomos tes physeos’, ovvero una ‘legge della natura’, che tenta costantemente di portare nelle strutture convenzionali degli uomini quella legge, o per meglio dire quell’armonia, propria all’ordine naturale delle cose e, più estesamente, del cosmo.

È in questo modo, inoltre, che possiamo intendere il significato più profondo della suprema e armonica bellezza dell’arte greca.

 

Il nomos, dunque, si configura come il punto in cui l’estetica, la legge, la politica e l’economia convergono, nella loro fondamentale aspirazione alla rappresentazione dell’ordine ‘naturale’ delle cose. Ovvero, per dirla ancora con Titus Burkhardt, ‘Reason may be compared to a convex lens, which directs the light of the Intellect or Spirit in a particular direction and on a limited field’

 

OIKONOMIA

 

Possiamo adesso ricongiungere i due termini, oikos e nomos, e ricomporre il termine ‘Economia’.

Economia diventa, dunque, l’arte di organizzare il proprio universo di riferimento secondo le regole alla base dell’armonia universale.

 

Quanto è diversa questa definizione da quelle correntemente in uso!

Un’infinita distanza corre tra questo pensiero e quello di ‘economisti’ quali Lionel Robbins, che nel suo An Essay on the Nature and Significance of Economic Science del 1932 definì l’economia come ‘the science which studies human behaviour as a relationship between ends and scarce means which have alternative uses’.

L’economia, nella nostra visione (che riteniamo essere anche la più rispettosa del significato originario del termine), si avvicina piuttosto al procedimento alchemico di ‘trasmutazione’.

 

ALCHIMIA, OIKONOMIA, ARTE E MEDICINA

 

Sin dall’antichità che precede gli splendori della Grecia ‘classica’, gli alchimisti si dedicarono all’arduo lavoro della trasmutazione delle sostanze imperfette o ‘spesse’ (quali il piombo) in sostanze perfette o ‘sottili’ (come l’oro).

Avvalendosi della metafora metallurgica – in cui, secondo la definizione di Muhy ‘d-Din ibn ‘Arabi, l’oro corrisponde alla condizione originaria dell’anima umana, capace di riflettere senza distorsioni la Realtà soprasensibile4, mentre al contrario il piombo corrisponde alla condizione ammalata e distorta di un’anima che non è più in grado di tale riflessione – gli alchimisti hanno in realtà lavorato per secoli al ripristino dell’equilibrio interno al proprio mondo spirituale.5

 

Nel processo alchemico della trasmutazione, l’utilizzo di sostanze materiali quali i metalli si configura dunque come procedimento magico-simbolico attraverso il quale l’alchimista riesce a comprendere, comunicare e effettuare trasformazioni equivalenti e ben più profonde all’interno della propria anima.

 

Possiamo dunque notare come, sia nel caso del lavoro alchemico che di quello dell’oikonomia, l’attività si sviluppi su due piani differenti e tuttavia interrelati: il piano dell’attività visibile e materiale (la metallurgia in un caso e la gestione delle risorse della ‘casa-mondo’ nell’altro), e il piano più profondo e speculare del lavoro sulla propria anima umana.

 

Attraverso il ripristino dell’equilibrio all’interno del mondo materiale e oggettuale che compone il primo di questi due piani, sia l’alchimista che l’economista originario (similmente a quanto fatto anche dall’artista greco con le sue sculture armonicamente proporzionate) punta tuttavia, soprattutto, al ripristino di tale equilibrio in se stesso.

 

L’alchimista, l’economista e l’artista svolgono perciò un lavoro che si avvicina molto a quello dei medici dell’antica Epidauro, dove, citando l’Henry Miller del Colossus of Maroussi, ‘the healer himself was healed, first and most important step in the development of the art, which is not medical but religious’.

 

ECONOMIA E ECOFISICA

 

Quale distanza, tra questa idea di economia e quella attuale del tardo capitalismo!

Tale e tanta da farci dubitare dell’opportunità di usare per entrambe lo stesso termine, ‘Economia’.

Dobbiamo ritornare ancora una volta indietro nel tempo, alle diatribe sofistiche sulla differenza tra nomos inteso come mera convenzione e physis intesa come reale natura, per trovare forse la chiave di volta per risolvere questo problema lessicale.

Piuttosto che rifarci a Platone, dovremmo stavolta accettare la definizione sofistica del nomos inteso come convenzione e come doxa (‘mera opinione’): quel ‘nomos basileus panton’ (‘convenzione, regina di tutte le cose’) del famoso frammento del poeta greco Pindaro, che è in grado di giustificare qualunque nefandezza.

Se accettassimo questa seconda interpretazione del termine nomos, dunque, potremmo di buon grado lasciare all’attuale ‘amministrazione del contingente’ il termine ‘economia’. Del resto, cosa esiste di più convenzionale e meno reale dell’economia finanziaria, che al momento domina come motore (e nemesi) dell’economia globale?

 

Per quanto riguarda la nostra idea di economia – intesa come arte magico/simbolica di gestione e trasformazione delle risorse, volta alla trasmutazione dell’animo dei suoi operatori, in accordo con l’equilibrio che regola e armonizza il cosmo, attraverso il lavoro di ripristino di tale ordine nella realtà materiale – potremmo invece adottare il termine contrapposto dai sofisti al nomos: physis, natura.

 

Un’ecofisica, dunque, che lavori efficacemente nella realtà (così come l’alchimia lavorò efficacemente nella metallurgia, al punto da dare i fondamenti della moderna chimica, e la medicina greca sviluppò le pratiche essenziali della moderna medicina), ma che non dimentichi mai che la realtà stessa in cui viviamo nient’altro è se non uno specchio che deve essere ripulito, così come la nostra stessa anima soltanto è un frammento di specchio, su cui troppo a lungo si è depositata la polvere.

 

Compito dell’ecofisico, dunque, è innanzitutto la pulizia, in se stesso, del frammento di specchio che custodisce.

Come possono oggi gli economisti pretendere di gestire le risorse materiali del mondo, se non sono nemmeno in grado di vederle riflesse nella propria essenza? Come possono gli economisti decidere della migliore allocazione delle risorse, se non hanno in se stessi la chiarezza di osservare le risorse di cui essi stessi dispongono? Come possono i manager oggi gestire altri uomini a loro uguali, se non conoscono nemmeno l’umanità che racchiudono in se stessi? Come possono, ancora, gli operatori economici produrre risorse, se dentro di loro ancora si agita il demone del disordine e non vi è spazio alcuno in cui possano trovare la pace?

 

Così come non vi possono essere leader che non abbiano innanzitutto il pieno dominio su se stessi, così non si può immaginare un ecofisico (o economista originario) che non abbia una chiara visione della propria essenza, dell’essenza degli esseri e delle cose e dell’equilibrio che le governa.

 

L’economia attuale, barricata dietro alla pretesa serietà scientifica di un materialismo dogmatico (che, come il razionalismo illuminista descritto da Adorno-Horkheimer, desidera dominare la natura piuttosto che comprenderla), si rivela oggi come la scienza più ambiziosa e tra tutte la più distante dal vero, imprigionata nelle illusioni che essa stessa alimenta, del tutto inappropriata a reggere il ruolo che le sarebbe proprio.

 

Dovrebbe farci riflettere, anche solo come pura coincidenza metaforica, che l’economia attuale, incapace di gestire la realtà del mondo (come ciclicamente e sempre più dimostra), abbia deciso da qualche decennio di migrare sempre più rapidamente nell’ambito della virtualità, sia essa lo spazio online in cui opera la new economy, lo spazio ‘mentale’ e onirico dei consumatori, colonizzato dalle ultime strategie di marketing, o la virtualità degli scambi finanziari, in cui il denaro si dissolve in sequenze numeriche.

 

Fa bene, l’economia, a fuggire dalla realtà, che ha già fortemente contribuito a inquinare.

Oggi più che mai, alla vigilia dell’ennesima crisi economica globale, sull’orlo dell’ennesimo conflitto globale, al centro del permanente stato di emergenza mondiale, al limite della sostenibilità dell’uso delle risorse naturali, oggi più che mai si fa impellente il pensiero di una nuova economia.

 

Una nuova arte di gestione delle risorse (e innanzitutto della prima risorsa di ciascuno, il proprio insieme di anima, intelletto e corpo) che abbia almeno il rispetto di osservare e comprendere l’oggetto del proprio lavoro, piuttosto che mirare esclusivamente a garantirsene il domino.

 

La nostra realtà non ha più bisogno di ‘amministratori’ ciechi, così come un campo non ha bisogno di essere coltivato da chi non conosca la differenza tra la crusca e i semi.

 

 

 

 

Federico Campagna

28-12-08, London

 

 

 

1 In ambito greco, ad esempio, l’universo venne teorizzato di forma sferica da Parmenide, nel suo Sulla Natura, in seguito confermato in questo, curiosamente ma non troppo, anche da Albert Einstein

2 È interessante notare come questa stessa concezione venisse inoltre applicata da molti popoli – in maniera ben più traumatica – anche alla prima e naturale ‘casa’ di ogni uomo: il proprio corpo. Era per questo fine di ‘collegamento’, ad esempio, che le popolazioni dei Tartari nelle steppe del centro-Asia praticavano trapanazioni circolari alla sommità della testa, e i popoli dell’antica Cina lasciavano simili aperture circolari alla sommità del capo delle loro maschere funerarie in giada (in accordo con la loro visione dell’universo, rappresentata simbolicamente nei bi in giada come un cerchio con un’apertura circolare al centro).

3 Nella traduzione latina: ‘Quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius: ad perpetranda miracula rei unius. Et sicut omnes res fuerunt ab uno, mediatione unius; sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione’

4da lui chiamata ‘l’essenza dello Spirito Divino’

5Questo lavoro avveniva, inoltre, sulla base della convinzione che, come disse Meister Eckhart, ‘il rame è irrequieto finché non diventa oro’, ovvero che un’anima ‘ammalata’ necessiti sopra ogni cosa della propria guarigione.