Vorrei cominciare con un’immagine. Una scena del film Barry Lyndon, diretto da Stanley Kubrick. Sullo sfondo nebbioso di una campagna Europea del diciottesimo secolo, la voce fuori campo introduce l’avanzata delle giacche rosse inglesi contro la retroguardia francese, asserragliata in un frutteto. ‘Though this encounter is not recorded in any history books, it was memorable enough for those who took part.’ Secondo lo stile militare dell’epoca, la fanteria marcia lungo il prato, in file orizzontali e parallele. I Francesi sono disposti anch’essi in file, le prime inginocchiate, le seconde in piedi, le terze pronte a ricaricare i fucili. L’avanzata è lenta, estenuante, al suono dei flauti che intonano il Lilliburlero. Come direbbe il personaggio di Vincent Cassel in una banlieue di vari secoli dopo, ‘il problema non è la caduta, ma l’atterraggio’. E qui, l’atterraggio e la caduta quasi si fondono. I fanti inglesi avanzano, a passi cadenzati. Le truppe Francesi restano immobili, prendono la mira. I fanti mantengono il passo. I Francesi attendono l’ordine dei superiori. I fanti proseguono. L’ordine arriva. Fuoco. Le prime file della fanteria inglese cadono decimate. Le seconde file, imperturbabili, prendono il posto dei caduti. La marcia continua. Le truppe francesi ricaricano i fucili. Fuoco. Il prato si riempie di cadaveri vestiti in divise rosse. Le terze file si fanno avanti di nuovo. La marcia prosegue, lentissima. Fuoco.