Il Golpe è avvenuto e non ce ne siamo accorti. Senza sparare un colpo, senza carri armati, senza distintivi, senza comunicati ufficiali. Una Giunta di impostori è salita al potere, ma non ha segni di riconoscimento visibili: né occhiali scuri, né divise, né mostrine. Il Governo dei Giusti, lo abbiamo chiamato.
Questo è post-berlusconismo, questa la Terza Repubblica. Questo il Governo di fascisti e progressisti, insieme. Benedetto dalle banche, dalla Chiesa, dalla borghesia produttiva. Una massa informe unita dalla fiducia – ancora! – nel neo-liberismo, nel tutto-scorra-e-rimanga-uguale, nell’avidità nell’ignoranza delle plebi.
Siamo all’opposizione di quella che era l’Opposizione. Siamo la resistenza alla «resistenza». Siamo ancora una volta in clandestinità. Il regime pubblicitario, la Giunta-senza-divise è lì al governo e non ce ne siamo accorti, perché ce l' abbiamo portata noi: rinunciando ad essere minoranza attiva, delegando alla politica-del-voto, ai guru televisivi la nostra redenzione. Affidandoci alle maggioranze.
Il regime è morbido, e funziona meravigliosamente.
Contemporaneamente alla sua installazione, la Giunta-senza-divise ha proibito:
- Parlare male dell’Esercito, della Polizia e dei Carabinieri;
- Criticare la sacralità della Costituzione e la Magistratura;
- Dire che non commettere reati non basta per vivere sereni;
- Criticare le figure di Giovanni Paolo II, Madre Teresa e Padre Pio;
- Rifiutarsi di prendere le distanze da chi lancia oggetti in una manifestazione politica;
- Rinnegare l’atto violento come gesto creativo;
- Rivendicare l’anonimato;
- Chiedere a una persona quanto guadagna;
- Dire quanto si guadagna;
- Riscoprire il Mussolini giornalista e farlo studiare nelle scuole;
- Preferire San Francesco d’Assisi a qualunque altro santo;
- Criticare la figura di Steve Jobs e la Apple;
- Non saper usare un prodotto Apple;
- Dire che Gianni Agnelli era cocainomane;
- Dire che diversi ministri e quasi tutti i deputati della Repubblica sono stati tossicomani;
- Dire che il ‘popolo’ non sempre è migliore della classe politica che lo governa;
- Ricordare che la servitù può essere volontaria;
- Ricordare che Pier Paolo Pasolini aveva scritto non solo ‘Io So’ ma anche un sacco di cattiverie gratuite;
- Ricordare che i soldati italiani caduti in Iraq o Afghanistan erano professionisti che avevano scelto consapevolmente il loro mestiere;
- Parlare delle mafie come un problema non solo d’ordine pubblico ma anche sociale;
- Dire che Garibaldi era stato massone, anticlericale e amico di Bakunin;
- Rifiutare l’importanza delle «radici» e delle «tradizioni locali»;
- Fare propaganda per l’emigrazione e la residenza all’estero;
- Elogiare il file-sharing, Wikileaks e la pirateria digitale;
- Appendere un vessillo pirata sul proprio balcone;
- Proporre boicottaggi contro la cultura poliziesca e una moratoria sulla produzione di sbirri e preti nell’Arte;
- Esaltare la nudità e la libido;
- La musica country, il southern-rock americano, il neomelodico napoletano e il folk-pop mediterraneo in generale;
- Aiutare un migrante clandestino ad attraversare una frontiera;
- Dare ospitalità a un senza-documento;
- Sostenere l’imprescindibilità di un reddito garantito per tutti, di una casa per tutti e di un lavoro per tutti;
- Rappresentare il proletariato marginale nei grandi media;
- Parlare male di «Libera», del mondo della cooperazione e delle ONG in generale;
- Sostenere che la ricchezza non vada estesa a tutti ma ridistribuita;
- Rubare frasi e concetti senza citare la fonte;
- Insegnare Max Stirner e Jack London nelle scuole;
- Diffondere i testi di Hakim Bey;
- Avere una vita sessuale disordinata e raccontarlo senza cupezza;
- Liberarsi della verginità molto precocemente;
- Rinnegare la sacralità della famiglia;
- Dire di aver fame;
- Dichiararsi atei;
- Disprezzare la vecchiaia;
- Parlare in favore della pornografia, dell’abbassamento dell’età del consenso e del voto;
- Dire che il lavoro può diventare una forma di dipendenza non meno pericolosa della droga e del sesso;
- Avere un figlio prima dei venticinque anni;
- Dire che far bene il proprio dovere può essere pericoloso;
- Usare i termini «insurrezione» e «rivolta»;
- Elogiare la menzogna e il falso;
- Rinnegare la sacralita' del debito pubblico e dell'Unione Monetaria come strumenti per la coesione tra i popoli.
Ognuno può continuare la sua personale «black list» come meglio crede. È un gioco che darà nuova linfa vitale agli spiriti ribelli inzuppati nella melassa. Ovviamente la pena per chi infrangerà questi divieti non sarà fisica né economica, ma culturale: l’esclusione dalle maggioranze intellettuali, dalla politica che conta, dalla comunicazione di massa.
Se non sei con noi sei per il ritorno dei lupi, dicono i cantori della Giunta. Ci abbiamo messo vent'anni per arrivare qui. E tu vuoi tornare all'epoca in cui si umiliavano le donne, i giudici, gli onesti?
Tra i motti del nuovo regime c'e' questo: gli stranieri ci liberarono nel '43, gli stranieri ci liberarono nel 2011.
Poco male: alla lista della Giunta Tricolore, senza uniforme né divisa, del Governo dei Giusti che perpetua, conserva, insegna questo e quello, inevitabilmente seguirà un’altra lista. Una lista di riconoscimento. Essa circolera' tra oppositori recalcitranti, tra chi prima era contro qualunque regime ed oggi si ritrova “quasi” ai margini del Potere - perche' al centro ci si corrompe e al di fuori si impazzisce -; circolera' tra le minoranze senza simboli né tessere di partito.
Questa lista di riconoscimento servira', forse, a non ricadere piu' nello stesso errore. Sarà composta da ciò che al popolo dei Giusti piaceva prima del Golpe: quando i prodromi del capovolgimento stavano dando segnali chiari, ma i cantori del nuovo fascismo liberista venivano portati sugli scudi e chiamati «eroi», e le grida ribelli piu' radicali e semplici venivano chiamate «retorica».
Si imparera', forse, a riconoscere nell'Anti-Regime le stesse malattie, le stesse psicopatologie trasmesse dal Regime. E ci si rassegnera' allora ad agire in piccoli gruppi, in collegamento tra loro, in lingue diverse e senza l'ansia di piacere e piacersi.
Di mano in mano, tasca in tasca, pezzetto di carta in pezzetto di carta, circoleranno le parole d’ordine, i volti e i simboli che avevano illuso un’intera generazione, che per ingenuità e fiducia aveva affidato ad essi la catarsi sua e di tutti.